venerdì 4 agosto 2017

4 agosto 1974 - San Benedetto Val di Sambro: strage dell'Italicus


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La strage dell'Italicus fu un attentato terroristico di tipo dinamitardo compiuto nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974 sul treno Italicus, mentre questo transitava presso San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna.

È considerato uno dei più gravi attentati verificatisi negli anni di piombo, assieme alla Strage di piazza Fontana del 1969, alla Strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 e alla Strage di Bologna del 1980. Per la strage dell'Italicus, come per le altre stragi, furono incriminati come esecutori diversi esponenti del neofascismo italiano ma l'iter processuale si è concluso con l'assoluzione degli imputati.

Nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974, alle ore 1:23, una bomba ad alto potenziale esplose nella quinta vettura del treno espresso 1486 ("Italicus"), proveniente da Roma e diretto a Monaco di Baviera via Brennero.

L'ordigno esplosivo era composto da una miscela esplosiva, probabilmente amatolo, e da una miscela incendiaria certamente la termite (di cui furono rinvenute tracce). La bomba era collocata in una valigetta occultata sotto un sedile della quinta vettura, rivolto contro il senso di marcia. L'esplosivo era collegato a una sveglia di una marca tedesca, Peter, molto comune all'epoca, ritrovata nel corso delle prime perlustrazioni dove era avvenuta l'esplosione. La sveglia aveva modifiche esterne, vi erano inserite in particolare due piastrine di rame, di cui una fissa e l'altra mobile saldata a stagno. Tramite la suoneria della sveglia, nell'orario predeterminato, le due piastrine sono venute a contatto, determinando lo scoppio.

La temporizzazione del timer avrebbe dovuto fare esplodere l'ordigno mentre il treno attraversava la Grande Galleria dell'Appennino nei pressi di San Benedetto Val di Sambro. Tuttavia, durante la corsa tra Firenze e Bologna, il treno recuperò tre dei minuti di ritardo accumulati nelle tratte precedenti. La bomba esplose lo stesso all'interno della galleria, ma in un tratto a soli 50 metri dall'uscita.

L'esplosione fece sollevare il tetto della quinta carrozza, che poi cadde frantumandosi in migliaia di schegge, mentre le lamiere si deformavano per la temperatura altissima dell'incendio che divampava (la termite di cui era composto l'ordigno brucia con estrema rapidità, sviluppando un calore fino a tremila gradi).

Nell'attentato morirono 12 persone (alcune per l'esplosione, altre arse vive dall'incendio) e altre 48 rimasero ferite.

La strage avrebbe avuto conseguenze più gravi, si ipotizza anche nell'ordine di centinaia di morti, se l'ordigno fosse esploso all'interno della Grande Galleria dell'Appennino, come sarebbe avvenuto dieci anni dopo nella Strage del Rapido 904.

Nella tragedia, spicca l'eroismo di un ferroviere conduttore delle Ferrovie dello Stato, il forlivese Silver Sirotti, poi insignito di Medaglia d'oro al valor civile alla memoria. Sirotti, munito di estintore, si slanciò tra le fiamme per soccorrere i viaggiatori intrappolati nel treno, e in questo tentativo perse la vita.

Aldo Moro si sarebbe dovuto trovare a bordo del treno, quella sera, in quanto doveva raggiungere la famiglia a Bellamonte, ma lo perse poiché venne raggiunto da alcuni funzionari del Ministero e fatto scendere all'ultimo momento per firmare alcuni documenti.

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